Inside Art - 2014
Intervista
di Claudia Quintieri
Claudia Quintieri/ Come e quando è nata la vostra collaborazione? Qual è il vostro percorso?
Renata Petti/ LALOBA è nata nel 2001 come gruppo artistico ma dal 2009 siamo in due. Nostra intenzione era di attivare laboratori in cui coinvolgere in un’esperienza creativa e di riqualificazione del territorio, ragazzi ed adulti in un’ottica di arte partecipata ma anche di fare un percorso artistico insieme creando progetti in uno scambio e confronto continuo.
Anna Crescenzi/Fin dall’inizio la nostra attività artistica è stata ispirata e dedicata ai luoghi sia nel senso di luogo fisico che di luogo poetico e l’interazione con il luogo è avvenuta attraverso la ricerca del suo patrimonio sia naturale che di tradizioni e culture.
RP/ Vorrei precisare che sia io che Anna viviamo due anime artistiche, una singola e un’altra che confluisce ne LALOBA . Ognuna di noi porta le esperienze artistiche personali nel lavoro comune in un rapporto di reciprocità io-tu.
CQ/ Nel vostro lavoro centrale è la natura. Perché?
RP/ Nel nostro lavoro il luogo va inteso nel senso più ampio, ci fornisce le coordinate della vita e dell’abitare e la natura si inserisce in questo contesto.
AC/ Noi abbiamo realizzato installazioni ambientali, performances, scenografie, video-installazioni, video d’artista e coniughiamo i vari linguaggi dell’arte. Ogni lavoro nasce da progetto ma questo si inserisce sempre nel nostro progetto generale sull’abitare innescando un processo continuo di cambiamento e di conoscenza.
CQ/In quale relazione ponete natura e umanità?
RP/ La Natura è protagonista di molte nostre installazioni: la Natura, o meglio ciò che vi presiede, ciò che vi sta dietro: la natura da cui partono i messaggi che l’uomo tenta di decifrare, in cui sono implicite le leggi che la scienza cerca di scoprire. Ma anche il dolore della natura che si esprime nelle mutazioni genetiche nei fiori, nella frutta deforme e malata per colpa delle discariche abusive di rifiuti tossici e per l’inquinamento atmosferico.
AC/ L’installazione Umano – è giusto un cuore?.... che inaugureremo in una galleria a Napoli ad aprile indaga il nostro presente, la co-appartenenza tra corpo e mondo, soggetto e ambiente, l’interesse e la preoccupazione per la cosa pubblica e la vita in comune, e il fenomeno di deumanizzazione che riduce gli individui a oggetti di consumo, uguali, interscambiabili, privi di individualità, strumento, merce.
In questo processo di deumanizzazione si viene a creare anche un rapporto di estraneità tra uomo e natura.
CQ/Nel profondo annegar io semino. Da che cosa nasce il titolo del video: Nel profondo annegar io semino?
RP/ Noi viviamo il mondo e la terra. Siamo nel mondo ma come vogliamo esserci?
Seminando e anche se la semina in una cava è difficile che venga accolta, il seme dell’arte riesce sempre ad imporsi nel mondo e a fiorire.
CQ/Il tema è la rinascita della natura, perché questo tema? E trovate che nella società contemporanea la natura sia sacrificata?
RP/ L’uomo è legato da un rapporto di confidenza con il territorio. Noi abitiamo un luogo ma non abbiamo più coscienza che detiene le condizioni della nostra felicità, del nostro abitare la terra e il mondo.
AC/ Il luogo e la natura sono il nostro abitare, il nostro rapporto con le cose, con gli altri, con il passato, con ciò che preesiste e postesisterà.
CQ/Quale ruolo ha la donna?
AC/ La donna è l’accogliente in sé, la precondizione di ogni possibile raccoglimento.
RP/ Donna = interiorità e accoglienza, dolcezza amicizia ospitalità.
CQ/Le bolle di plastica trasparenti alludono a uteri immaginari, perché? E, questi uteri, come sono messi in relazione con i rami secchi e i teschi di maiale?
AC/ Il grembo accoglie e protegge e l’utero accoglie la vita. Nel video che fa riferimento a una nostra performance che si intitolava Rami di ossa il ramo secco indica la condizione di morte e i teschi di maiale sono come fossili, ciò che la terra ci restituisce come memoria.
RP/ Nel 2005 abbiamo realizzato una installazione che si chiamava appunto Rami fossili
che rimandava a un fossile di pesce ritrovato nel Parco del Matese milioni di anni fa.
Tutto ciò che emerge dal terreno-memoria impone riflessione.
CQ/Alla fine rimane isolata una pianta gialla, cosa sta a significare?
AC/ La pianta è la nascita nonostante le condizioni sfavorevoli.
CQ/Perché lo schermo è diviso in quattro parti rendendo contemporanee varie azioni?
RP/ Il video inizia con una inquadratura della cava e del cielo. La terra non è mai pensabile al di fuori del cielo. Poi nello stesso luogo e contemporaneamente si svolgono 4 quadri in cui in ognuno c’è l’estensione dell’altro creando la possibilità di misurare le cose in una visione complessiva al di fuori di un prima e un dopo.
AC/ Nella relazione uomo-luogo l’uomo si sente spaesato e non si sente più a casa propria, non sta da una parte e il luogo dall’altra ma insieme vivono il disagio e l’angoscia di un mondo che non può più offrire nulla.
CQ/Che cosa vuole evocare l’ansimare della donna e perché viene poi sostituito da note musicali?
RP/ L’ansimare della donna è il disagio e l’angoscia, le note musicali il cielo.